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NON SOLO MESSINA DENARO

IN SICILIA NEGLI ULTIMI DUE ANNI COINVOLTE PIU’ DI 2.000 PERSONE

L’arresto di Matteo Messina Denaro non è un caso isolato, un evento straordinario. Non è un singolo squarcio di luce in una notte buia e tempestosa. Dopo le stragi del ’92 – 93, in questi trent’anni, le operazioni antimafia in Sicilia portate a termine dalla magistratura e dalle forze dell’ordine sono state innumerevoli, continue e incessanti. Centinaia e centinaia.

Cosa Nostra è stata colpita al cuore e non è più potente come una volta.

Tutti i corleonesi sono stati presi e stanno scontando l’ergastolo. I tentativi di ricostituire la Cupola sono naufragati grazie ad intercettazioni e arresti. In tutte le provincie siciliane le cosche hanno subito colpi notevoli. Le varie famiglie mafiose ogni due – tre anni vedono decapitati e imprigionati i loro vertici.

La conseguenza di questa attività contro i boss è che il mercato della droga, sia a livello nazionale che internazionale, non è più egemonizzato da Cosa Nostra. La ‘ndrangheta, infatti, ha preso il suo posto nell’approvvigionamento e nello smercio delle sostanze stupefacenti.

Il nichilismo che sempre accompagna retate e arresti, i pessimistici proclami della invincibilità della mafia, la sicumera con cui si afferma l’attuale connivenza tra organi istituzionali e mafia, vengono smentiti e mal si conciliano con fatti e riscontri, numeri e dati, processi e condanne.

Basterebbe citare le 75 operazioni che negli ultimi due anni, 2021-2022, hanno coinvolto più di 2.000 persone associate o fiancheggiatrici di Cosa Nostra siciliana.

Insopportabili e giustificati sono stati quindi lo scettiscismo dopo l’arresto del superlatitante, le miserevoli polemiche sulle mancate manette, il colto e supponente dietrologismo, la proclamazione dell’ennesima trattativa, il sempre presente complottismo disfattista.

Non ci si rende conto che così facendo, non solo si fa disinformazione, ma si produce sfiducia e sconforto nella gente. Si alimenta, anche, il nocivo qualunquismo verso la politica. Si offre, in sostanza, un inaspettato e non richiesto aiuto all’organizzazione criminale.

ARRESTI E INDAGINI ANTIMAFIA IN SICILIA NEL 2022

In Sicilia nel 2022 le operazioni antimafia sono state 40, così suddivise nelle varie provincie:

18 nel palermitano

13 nel catanese

3 nell’ennese

2 nel trapanese

2 nel messinese

1 nel siracusano

1 tra Messina e Catania

Nessuna nel ragusano, agrigentino e nisseno.

Gli arrestati sono stati 568; 81 i domiciliari; 200 gli indagati. Le misure cautelari 19, 3 le interdittive a svolgere attività imprenditoriale.

Il risultato totale è di 863 persone coinvolte. Un po’ meno delle circa 1.200 del 2021 (https://gioburgio.wordpress.com/2022/03/16/un-anno-di-operazioni-antimafia-in-sicilia/).

A Palermo città sono stati particolarmente colpiti i mandamenti di Porta Nuova (5 operazioni), Brancaccio-Ciaculli (4), Noce (2).

Nella provincia ci sono state retate contro le cosche di S. Mauro Castelverde, Misilmeri, Belmonte Mezzagno.

Da notare che nel catanese, sulle 14 operazioni portate a termine, ben 6 hanno riguardato il gruppo Santapaola.

PALERMO

UN CONTROLLO DEL TERRITORIO ASFISSIANTE

Concentrandoci soprattutto sulle operazioni concluse a Palermo il primo dato che emerge è quello del capillare e asfittico controllo del territorio da parte di tutte le famiglie mafiose. Un po’ meno nel centro città e soprattutto nelle periferie, il potere e il dominio delle cosche è assoluto.

Spaccio di sostanze stupefacenti, imposizione del pizzo, disciplina delle attività economiche, vengono quotidianamente esercitati da boss e soldati di Cosa Nostra.

Il territorio è suddiviso rigidamente metro per metro e tutti gli affari sono regolati dai capifamiglia che impongono le regole dell’organizzazione.

Le inchieste che hanno coinvolto la famiglia Mulè di Palermo Centro, Salvatore Profeta e Giovanni Adelfio di S. Maria di Gesù e Villagrazia, Carmelo Giancarlo Seidita della Noce, sono esempi della gestione economica d’interi quartieri. Nulla può sfuggire ai boss, neanche le feste rionali, persino il posizionamento delle bancarelle degli ambulanti. Pure l’apertura di una sala da barba deve essere permessa dal capo mafioso locale.

Censimento di tutte le attività commerciali e persecuzione degli imprenditori sono i principali obiettivi delle famiglie mafiose, che rilasciano nullaosta, riscuotono “regali”, impongono merci e personale.

In questi territori, libero mercato e concorrenza sono concetti astratti e un traguardo ancora lontano da raggiungere.

Ha detto la Coldiretti dopo l’operazione “Fenice” a Misilmeri “La malavita distrugge la concorrenza, il libero mercato legale, compromette in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti. E con l’estorsione e l’intimidazione impone l’utilizzo di specifiche ditte di trasporti o la vendita di determinati prodotti”.

IL PIZZO E L’AMBIGUITA’ DEGLI IMPRENDITORI DI CORSO DEI MILLE, BRANCACCIO, CIACULLI

Nel mandamento Brancaccio – Ciaculli si è registrato un ostinato silenzio delle vittime del pizzo.

Le operazioni “Tentacoli” e “Stirpe” del 20 luglio 2021,che avevano colpito le famiglie diBrancaccio, Corso dei Mille e Ciaculli, avevano certificato come nessun commercianteaveva resistito alla richiesta di denaro. Nessuna denuncia era stata fatta e nessuno aveva collaborato. Così, a fine marzo 2022 quaranta imprenditori sono stati indagati per favoreggiamento.

Nelle carte dell’indagine del successivo blitz del 17 maggio, sempre nello stesso mandamento, si leggeva che alle estorsioni non sfuggiva nessuno, né i piccoli rivenditori né i grandi commercianti. Lo “sfincionaro”, il negozio di bombole, la grossa azienda di trasporti, i grandi supermercati, tutti dovevano versare la loro quota “per sostenere le famiglie dei detenuti”. Ma soprattutto gli inquirenti facevano notare che sulle 50 richieste di pizzo documentate, solo dieci erano state ammesse dagli estorti.

A fine novembre, in questa stessa zona, altri 42 imprenditori sono stati indagati.

A questo punto è bene ricordare cosa è successo nei decenni passati in questa parte della città.

Nella seconda guerra di mafia dei primi anni ’80, i “corleonesi” di Brancaccio e Corso dei Mille hanno disseminato di morti, strade, vicoli e marciapiedi. Gruppi di fuoco, camere della morte, lupare bianche, hanno connotato terribilmente quegli anni.

Ebbene, la ragione per cui i commercianti nel corso di questi recenti blitz non hanno collaborato potrebbe forse risiedere nel fatto che questi luoghi sono stati sconvolti e atterriti dalla violenza mafiosa. Terrore e orrori vissuti dalle persone residenti probabilmente hanno un nesso con le mancate denunce e la scarsa collaborazione. L’anno scorso il generale dei carabinieri Arturo Guarino aveva affermato che “Certi nomi fanno paura a prescindere dai personaggi stessi”.

Ma Addiopizzo fa un’analisi diversa, e riferendosi al perdurante atteggiamento non collaborativo degli operatori economici, dice un’altra cosa, sottolineando un fattore nuovo: “Oggi a differenza del passato il tema che investe la maggior parte di coloro che pagano non è più quello della paura né tanto meno della solitudine, ma quello della connivenza.

L’associazione antiracket, infatti,ultimamente ha spesso evidenziato gli stretti legami di parentela, amicizia, o addirittura interesse, che molte volte legano vittime e carnefici. Uno stretto legame tra estorti ed estortori, che o c’è già, o s’instaura nel tempo. Un rapporto che non sempre si può definire d’imposizione, di sopruso, ma che invece assume l’aspetto di comune convenienza e reciproco interesse.

E per rompere questa perversa e oscura alleanza, Addiopizzo nei primi giorni del nuovo anno ha lanciato una rigorosa proposta: “Emergono a più riprese relazioni di contiguità tra molti che pagano senza remore le estorsioni e la criminalità organizzata. Si tratta di commercianti e imprenditori che operano in settori come quello dell’edilizia sul quale negli ultimi anni si è puntato con l’investimento di decine di miliardi di euro sotto forma di bonus fiscali. Riteniamo maturi i tempi per l’adozione di norme che inibiscano l’accesso a tali misure a quelle imprese che pagano estorsioni e non denunciano perché conniventi con Cosa Nostra”.

L’OMICIDIO E L’ARRESTO DI 30 PERSONE NEL MANDAMENTO DI PORTA NUOVA

L’unico omicidio dell’anno in città ha provocato arresti, confessioni e colpi di scena (https://gioburgio.wordpress.com/2022/09/02/violenze-e-arresti-nel-mandamento-di-porta-nuova/). È avvenuto nel quartiere Zisa, mandamento mafioso di Porta Nuova.

Il 30 giugno è stato ucciso con tre colpi di pistola Giuseppe Incontrera, 45 anni. Sei giorni dopo, il 6 luglio ci sono stati 18 arresti. Dieci giorni dopo, altri 12 arresti. Gli inquirenti hanno detto che sono dovuti intervenire tempestivamente per scongiurare fughe e vendette. Infatti le intercettazioni, avviate già da tempo, facevano prevedere reazioni immediate e violente delle varie fazioni in campo.

Il mandamento mafioso di Porta Nuova negli ultimi anni si è rivelato un territorio ad alto tasso di omicidi e violenze: ben sei omicidi, tra cui quello “eccellente” dell’onorevole Fragalà, avvocato difensore di alcuni mafiosi. Ed è stato questo mandamento che nel 2022 ha subito la maggiore repressione da parte della magistratura e delle forze dell’ordine (5 operazioni antimafia).

In questa giurisdizione di Cosa Nostra i cognomi che contano sono quelli degli Abbate, Monti, Di Giovanni, Di Giacomo, Milano e Lo Presti. Nell’ultimo periodo sembrano prevalere le figure di Calogero Lo Presti, detto “Zio Pietro”, e Nicola Milano. Tutte queste famiglie sono imparentate e legate fra loro, con intrecci, omonimie, scontri e ribaltamenti di alleanze, che rendono difficile la lettura degli schieramenti e delle battaglie in corso.

Le ore e ore d’intercettazioni delle due operazioni Vento e Vento 2 che hanno portato in carcere le 30 persone hanno evidenziato sia l’assoluto controllo del territorio da parte delle cosche, sia l’ingente e incessante traffico di droga.

Il primo fenomeno è documentato dal pizzo estorto a tappeto a imprese edili, tabacchi, ristoranti, sale scommesse, negozi di biciclette. Ma anche dal divieto dei boss di aprire alcuni esercizi commerciali perché facevano concorrenza (è in questa zona che sono state vietate perfino le sale da barba).

L’affare della droga costituisce invece la maggiore entrata di questi clan che controllano le piazze di spaccio del Capo, di Ballarò e della Zisa. Con alcuni episodi che ci raccontano di una realtà cinica e spietata: l’offerta davanti ai SERT di dosi gratis ai tossicodipendenti che tentano di uscire dal tunnel; la fornitura di droga a domicilio 24 ore su 24 a persone che non vogliono correre il rischio di essere individuate; farmacisti che forniscono le sostanze chimiche per tagliare la droga.

IL TRAFFICO DI DROGA

Di fronte la difficilissima situazione economica creatasi con la pandemia di Coronavirus e la conseguente diminuzione degli affari di imprenditori e commercianti, “la messa in regola”, il pizzo, non costituisce più una facile fonte d’introiti per boss e picciotti.

Ecco allora che il tradizionale, sempre vivo e attivo traffico di stupefacenti si è rivelato la principale fonte di guadagno per le famiglie di Cosa Nostra.

L’operazione “Navel” nel mandamento Villagrazia – S. Maria di Gesù ci ha fornito il dato di 12 mila euro d’incasso al mese (https://gioburgio.wordpress.com/2022/08/09/la-vita-parallela-nei-quartieri-a-palermo/). Le due operazioni Vento e Vento 2 nel mandamento di Porta Nuova ci hanno dato la cifra di 3-4 mila euro al giorno per i clan, con un guadagno per i pusher di 100 euro giornalieri (https://gioburgio.wordpress.com/2022/09/02/violenze-e-arresti-nel-mandamento-di-porta-nuova/).

Un fiume di denaro che fa dire a Giuseppe Marsalone di S. Maria di Gesù, “Faccio sempre più soldi. Io i soldi li pesavo. Avevo sette persone che contavano soldi. Avevo un tavolo pieno pieno di soldi, tutto il giorno. Arrivavo a un punto che glieli facevo posare, perché ero stanco. Avevo la nausea” (https://gioburgio.wordpress.com/2022/12/16/big-club-sport-allombra-del-campetto-le-famiglie-fanno-cartello/).

Il commercio degli stupefacenti negli ultimi mesi si è espanso enormemente. Lo testimoniano le 250 misure cautelari emesse dagli inquirenti nei quartieri Sperone, Borgo Vecchio, Albergheria. Una lucrosa e fiorente attività che fa da “ammortizzatore sociale” per le numerose famiglie che versano in stato di bisogno e che si sono date al confezionamento e allo spaccio del Crack per risolvere i loro problemi economici.

Quella che noi abbiamo chiamato operazione Big Club Sport ha poi smentito il luogo comune che vuole Cosa Nostra rigida e fedele nel rispettare le regole interne all’organizzazione (https://gioburgio.wordpress.com/2022/12/16/big-club-sport-allombra-del-campetto-le-famiglie-fanno-cartello/). Questa indagine ha confermato che quando ci sono in gioco grossi affari e grandi introiti monetari le famiglie mafiose mettono da parte le vecchie norme e adottano metodi più moderni e dinamici. Infatti, la tradizionale e severa divisione territoriale fra le varie famiglie è stata ignorata e superata dai clan di Brancaccio, Porta Nuova e Tommaso Natale per guadagnare quanto più possibile dal traffico di hashish, marijuana, cocaina. Si sono create così alleanze e compartecipazioni che hanno visto più gruppi, anche molto distanti territorialmente, fare “cartello”.

E l’attuale stato di Cosa Nostra siciliana che non controlla più il traffico di droga, viene mirabilmente fotografato dall’esterno, da chi oggi detiene nelle proprie mani il commercio della droga. Dicono i trafficanti montenegrini e serbi a proposito delle famiglie mafiose palermitane: “Non sono più quelle di una volta, non hanno lo stesso calibro. Invece i calabresi…” (https://gioburgio.wordpress.com/2022/06/24/il-controllo-dellacqua-a-ciaculli/). La ‘ndrangheta infatti gestisce ormai da molti anni il commercio e lo spaccio delle principali sostanze stupefacenti.

LA NOVITA’ DEI “COMPRO ORO”

Accanto alle consuete attività illegali di Cosa Nostra, estorsioni e traffico di droga, l’operazione che giovedì 21 aprile ha portato in carcere 5 persone e 27 indagate ha segnalato un nuovo campo d’interesse delle cosche: i “Compro Oro” (https://gioburgio.wordpress.com/2022/05/).

Così come i centri scommesse, anche i “Compro Oro” sono sorti come funghi ad ogni angolo di strada negli ultimi anni. Se ambedue le attività sono state ampiamente utilizzate da Cosa Nostra per fare affari e riciclare denaro sporco, questo recente settore economico evidenzia la capacità dei boss di cogliere le nuove occasioni che via via si vanno offrendo. Si conferma così la particolare attitudine dei clan d’intuire i nuovi canali remunerativi e aggiornare i propri orizzonti criminali.

Al centro dell’inchiesta, alcuni “Compro Oro” di Palermo e Vincenzo Luca, longa manus della famiglia di Porta Nuova. Cinque le aziende sequestrate e cinque milioni di euro il valore patrimoniale dell’operazione.

Tutti i furti e le rapine nel territorio del mandamento dovevano essere autorizzati dai boss, e la refurtiva doveva essere obbligatoriamente portata da quei ricettatori “Compro Oro” specificatamente indicati. In sostanza, rapinatori e ladri dovevano rivolgersi solo alla “Luca trading” della famiglia Luca.

Alla fine del giro, la cosca imponeva il pizzo due volte: prima sul furto, poi dopo che l’oro veniva fuso.

COSA NOSTRA IN DIFFICOLTÀ RITORNA ALL’ANTICO

C’è un ulteriore elemento che si può notare dalle retate condotte a termine: il ritorno a vecchi sistemi e vecchi linguaggi.

A Ciaculli c’è ancora il controllo dell’acqua per irrigare i campi e i giardini di agrumi. Antichi termini come “zappa”, l’unità di misura del flusso dell’acqua, e “tumulo”, l’estensione del terreno, vengono pronunciati nelle intercettazioni dai boss di quartiere. E non solo: l’installazione di cancelli di ferro e l’apposizione di grossi catenacci rendono impenetrabili strade e poderi agli estranei e alle forze dell’ordine.

Nei mercati storici del centro città è poi tornata “la riffa”, l’antica e tradizionale lotteria di Cosa Nostra per imporre il pizzo e controllare le attività commerciali.

E sempre a Palermo Centro riaffiora un’altra vecchia abitudine degli appartenenti alle famiglie mafiose che si può definire quasi un carattere antropologico: l’uso dei soprannomi, delle ‘nciurie. Tutt’e nove gli arrestati del 15 dicembre ne hanno uno; alcuni due. Menzioniamone qualcuno: ‘U zio, Roma, Ricotta, Sicarru, Sicarieddu, ‘U pacchiuni, Benzina, Pompa (https://gioburgio.wordpress.com/2022/12/27/riffe-nciurie-e-bancarelle/).

Linguaggi, metodi, consuetudini, che sia nei vicoli del centro storico che nelle campagne della periferia ci riportano indietro nel tempo.

LE INTERCETTAZIONI E I NUOVI MEZZI TECNOLOGICI

In tutte le varie operazioni antimafia lo strumento che si è rivelato di straordinaria importanza è l’intercettazione telefonica.

Sin da quando i mafiosi escono dal carcere, poi salgono in macchina, vanno a casa, incontrano parenti e amici, viaggiano e fanno incontri, vengono monitorati minuto per minuto da cimici, microspie, telecamere e sensori di ogni genere. Autovetture, telefoni, case, sono imbottiti dei più innovativi mezzi elettronici. E anche quando i boss si sentono al sicuro, all’aperto, in piena campagna, sofisticatissime telecamere e intercettatori a lunga distanza riescono a captare immagini, conversazioni, confidenze delicate, sfoghi liberatori.

Lo sviluppo dei mezzi tecnologici degli ultimi anni ha dato un contributo essenziale alla lotta a Cosa Nostra. Venti o trenta anni fa non esistevano questi strumenti d’indagine. Oggi invece ci si può avvalere di questa moderna tecnologia che momento per momento permette agli inquirenti d’intervenire tempestivamente.

Questo è quanto è accaduto per esempio nelle due operazioni prima citate che hanno colpito il mandamento di Porta Nuova nel mese di luglio. Grazie agli elementi raccolti tramite le intercettazioni si sono sventate fughe d’indagati, vendette immediate, possibili omicidi. E lo abbiamo visto anche durante le elezioni amministrative a Palermo, quando per ben due volte alcuni candidati sono stati registrati in incontri e conversazioni con locali boss mafiosi appena usciti dal carcere.

Il clamoroso scivolone del neo ministro alla giustizia Carlo Nordio che ha affermato che “i mafiosi di sicuro non parlano ai cellullari” si può solo giustificare con la sua sporadica frequentazione delle indagini antimafia.

TRAPANI

L’operazione “Hesperia” del 6 settembre 2022 che ha coinvolto a vario titolo oltre 70 persone l’avremmo citata in ogni caso e ne avremmo scritto comunque. Ma il titolo che abbiamo dato a quel blitz “Si stringe il cerchio attorno al superlatitante” si è rivelato calzante e profetico dopo l’arresto il 16 gennaio 2023 di Matteo Messina Denaro (https://gioburgio.wordpress.com/2022/10/03/si-stringe-il-cerchio-attorno-al-superlatitante/).

In verità non ci aspettavamo una così rapida conclusione della latitanza dell’ultimo dei corleonesi, soprattutto perché i 30 anni di coperture e protezioni lasciavano presupporre ancora qualche mese in più di libertà del rispettato boss.

Ma è indubbio e innegabile che in questi ultimi 10 anni sono stati arrestati e indagati circa 250 tra complici, familiari, fiancheggiatori, prestanome, del superlatitante di Castelvetrano. E centinaia di milioni di euro è il valore dei beni sequestrati ai suoi complici.

Se molti si mostravano scettici che prima o poi l’ultimo dei corleonesi sarebbe caduto in trappola, in tanti ora dovranno riconoscere che invece con tutte queste retate era stata fatta terra bruciata attorno al boss.

Giovanni Burgio

25 Gennaio 2023