Archivio mensile:febbraio 2023

A MEZZOMONREALE LA NOSTALGIA DELLA VECCHIA COSA NOSTRA

A Palermo, corso Calatafimi, c’è tra zio e nipote una contesa per la proprietà di un parcheggio. I consanguinei litigano a non finire e non si mettono d’accordo, e non solo in famiglia ma in tutto il quartiere volano gli stracci. A questo punto è necessario far intervenire “la giustizia”, un ordinamento terzo che può decidere imparzialmente.

Lo zio è Pietro Badagliacca, 79 anni, capo della famiglia mafiosa di Rocca – Mezzomonreale. Il nipote è Gioacchino Badagliacca, 46 anni, figlio del fratello di Pietro. La zona ricade nel mandamento Pagliarelli di Cosa Nostra. I giudici che devono decidere sulla questione sono i fratelli Pasquale e Michele Saitta, “uomini d’onore riservati”, sconosciuti agli stessi affiliati e a casellario giudiziario del Tribunale.

Il 7 maggio 2022 c’è un primo incontro tra Gioacchino Badagliacca, i due fratelli Saitta e un altro “uomo d’onore riservato”, l’ottantaduenne Antonino Anello. La lite non si riesce a comporre ed è quindi necessario convocare un’altra riunione per chiarire ulteriormente i termini del disaccordo e risolvere il dissidio.

Ecco allora che il 5 settembre 2022, in contrada Judeca, vicino Butera, provincia di Caltanissetta, nella casa di uno dei due Saitta si riunisce “il tribunale” di Cosa Nostra. Davanti i giudici della famiglia mafiosa di Rocca – Mezzomonreale compaiono i contendenti, zio e nipote, che si rimettono al giudizio di quelli che un tempo venivano chiamati “consigliori”.

Corso Calatafimi

Il giovane Badagliacca accusa lo zio di non rispettare le antiche regole di Cosa Nostra, di essere poco democratico perché non convoca le rituali elezioni ogni cinque anni, di non visitare i carcerati a Natale e Pasqua (neanche suo fratello), di non aiutare gli altri associati. Si dichiara perfino intenzionato a lasciare Cosa Nostra perché non è più quella di una volta, una comunità dove tutti erano uguali e si aiutavano a vicenda.

Le considerazioni sagge, ponderate e super partes dei due Saitta, il richiamo ai “superiori e sani” principi dell’organizzazione, le scuse dello zio pronto a inginocchiarsi davanti al nipote, permettono di sciogliere i nodi e porre fine al litigio. E come solenne suggello alla pace appena raggiunta c’è l’impegno dello zio verso il nipote di fare uccidere un architetto reo di non aver risolto una sanatoria edilizia a favore del figlio di Gioacchino.

TUTTI IN CARCERE

Il 24 gennaio tutti i protagonisti di questa vicenda sono andati in carcere (5 persone e 2 ai domiciliari).

Oltre gli eventi sopra descritti, questa operazione antimafia ancora una volta ci ha raccontato le tipiche attività delle cosche: le estorsioni con tanto di macabre minacce (una bambola con proiettile sulla fronte appesa a un cancello), l’imposizione di ditte vicine ai boss, le autorizzazioni all’apertura di cantieri, le chiusure imposte ad agenzie automobilistiche e pescherie, le bastonate a chi osa alzare la testa.

Ma le intercettazioni captate in quest’inchiesta hanno fatto emergere alcuni elementi importanti, quasi delle caratteristiche culturali del mondo mafioso: l’ancora vivo e ardente richiamo nostalgico alle vecchie regole di Cosa Nostra e il rimpianto per “gli uomini d’onore” di una volta, personaggi tutto d’un pezzo, molto diversi dai “sanguinari corleonesi” che hanno pensato solo a fare soldi, organizzare stragi, ammazzare giudici.

Sconcertato della linea di Riina, Brusca e compagni, Gioacchino Badagliacca esprime tutto il suo dissenso “Perché tutte queste bombe, tutti questi giudici, far morire gente innocente. Queste cose non sono di uno che ha onore. Prima c’erano buoni rapporti con gli organi dello Stato. Non si toccavano! Non si toccavano! Anzi, si allisciavano”.

E poi il richiamo al principio d’uguaglianza e alle regole democratiche di Cosa Nostra “Ho sempre pensato che siamo la stessa cosa, e la stessa cosa significa la democrazia più totale. Perché fra me e te non c’è differenza. Un giorno posso essere capofamiglia, domani posso diventare soldato. Poi divento capomandamento, e poi ancora soldato”.

LO STATUTO DI COSA NOSTRA

Sempre dalle parole degli intercettati emerge un’altra conferma importante, “di estrema rarità nell’esperienza giudiziaria” dice il gip: l’esistenza di un “codice mafioso scritto”, di uno Statuto di Cosa Nostra.

L’antica Funicolare Rocca-Monreale

Francesco Colletti, boss della recente cupola di Cosa Nostra, diventato collaboratore di giustizia dopo il suo arresto nel 2018, ha parlato di regole antiche custodite a Corleone. E riferiva inoltre che il boss di Misilmeri Filippo Bisconti, anche lui pentitosi, parlava di “regole datate, non so di quante centinaia di anni”. Uno foglio scritto con queste regole venne poi rinvenuto nel covo di Giardinello di Salvatore Lo Piccolo quando nel 2007 venne arrestato.

Qualche mese fa, alla Rocca, sotto Monreale, in quella parte della periferia di Palermo dove ancora sopravvive qualche giardino di agrumi della Conca d’oro in mezzo agli alti palazzi della speculazione edilizia, zio e nipote, capi e sottocapi, uomini d’onore riservati, semplici soldati di Cosa Nostra, fanno a gara nel rifarsi a queste antiche regole dell’organizzazione mafiosa. Quasi una Bibbia da rispettare e seguire parola per parola. Un codice d’onore a cui fare riferimento nei momenti di caos e conflitto.

E che queste regole si devono seguire, costi quel che costi, lo sentiamo dal discorso che il “giudice” Michele Saitta fa a Gioacchino Badagliacca. Quando quest’ultimo vuole uscire da Cosa Nostra, “vuole dimettersi”, e andare a lavorare, il sicuro depositario del codice mafioso lo riprende duramente: “Non è che tu arrivi, ti alzi e dici me ne vado. No, non esiste. Non si possono fare queste cose. Questo non lo stabilisci tu. Tuo padrino lo può dire. Le regole queste sono. È più difficile uscire che entrare”.

Regole, principi, statuti, che i mafiosi invocano quando gli conviene. Quando invece si tratta di fare i propri interessi e tornaconti personali, allora s’infrangono e non si rispettano, si tralasciano e si mettono da parte. La storia di Cosa Nostra è piena di tradimenti, voltafaccia, cambi di casacca, opportunismi. I cosiddetti “uomini d’onore” sono spesso bugiardi, ambigui, perfidi e sleali.

Giovanni Burgio

11 febbraio 2023